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APOCRIFA – Lo spirito del tempo

Recenti memorie pubblicate da Francesco papa circa taluni avvenimenti nei conclavi cui egli partecipò hanno attirato, fra le occhiute attenzioni pro e contra che non da ora, ma usualmente convergono su questo pontefice, anche un garbato articoletto in cui il giornalista, non prendendo posizione diretta sul riferimento agli avvenimenti raccontati e pur tuttavia non celando un certo stupore a fronte delle rivelazioni, magnanimamente accredita al papa né trasparenza né scandalo, ma semplicemente di essere un uomo del suo tempo.

Tempo, meglio precisa, in cui tutti sono spinti dal possente bisogno di esporre in pubblico i fatti propri nella speranza di essere apprezzati e capiti. E conclude esprimendo il dubbio se una fede basata sul mistero possa continuare a mantenere la sua attrazione nel mondo attuale in cui mistero e riservatezza, qualificata sorella minore del mistero, sembrano ormai anacronistici per tutti (papa compreso, si intuisce).

A parte il fatto, non marginale, che fra mistero e riservatezza non corre alcun rapporto -il primo essendo entità singola, definita (anche se solo unilateralmente dall’uomo) e priva di relazioni con il contesto fisico per definizione, laddove la seconda è una caratteristica variabile del comportamento umano- la considerazione che ciascuno possa essere appartenente al suo tempo è verosimilmente corretta e, quantomeno in prima approssimazione, accettabile.

Resta poi da vedere se ciò è vero per il singolo e, nel caso, anche di quale tempo giacché non sempre il tempo della mente, o del cuore se si preferisce, corrisponde necessariamente al numero A.D. riportato nel calendario.

Spirito del tempo, in letteratura spesso anche Zeitgeist considerato che la sua genesi, fine del ‘700, è nella storiografia e filosofia tedesca, si presenta come un modo per indicare in sintesi la tendenza culturale predominante in una determinata epoca.

L’invenzione tardo-settecentesca germanica non è del tutto originale, ma recupera di fatto il già noto genius saeculi degli antichi e Vicipaedia, la sezione in latino della nota Enciclopedia, così in tono un po’ maccheronico offre la divertente definizione che segue (copiata a solo uso di nostalgia per qualche canuto liceale): Genius saeculi (Theodisce Zeitgeist) describit quomodo spiritus et cultus quodam tempore aut saeculo plerumque percipiantur.

E non c’è dubbio che oggi, sull’ali dorate dei social media, la tendenza sociale (e culturale, sebbene il termine non risulti forse sempre del tutto appropriato) odierna sia dire, esporre, rivelare e confessare senza limiti (ossimoricamente a tutti, ma pur sempre in confidenza) il ritenuto vero di sé e qualche volta probabilmente anche oltre il vero, entrando in punta di piedi o senza riguardo nella menzogna e nella fantasia.

Tendenza che in prima battuta è realizzata con entusiasmo non disgiunto da qualche imprudenza o temerarietà e che poi, nella agorà interminata del cicaleccio ove tutti confluiscono anzitutto guardandosi nello specchio, non sempre è possibile correggere o ritirare quando se ne sperimentino anche effetti indesiderati (Vóce del sén fuggita Pòi richiamàr non vale).

E’ curioso ricordare come la stessa espressione ricorra, alle prime battute del Faust di J. W. Goethe, nel colloquio iniziale con Wagner cui il dottor Faust risponde “Quello che voi chiamate lo spirito dei tempi, questo è proprio lo spirito fondamentale degli uomini nel quale i tempi si rispecchiano. E come è veramente spesso una miseria!” (577-580) e che la sua valutazione finale, sorprendentemente valida a prescindere dalle epoche, potrebbe forse essere tenuta maggiormente a mente.

Ora, nella specie, Francesco papa ha raccontato che, negli ultimi due conclavi, ci furono ricollocazioni di voti e cioè spostamenti disposti e domandati da cardinali destinatari già di un buon numero di preferenze in favore di altro soggetto e in funzione, va da sé, di fare prevalere qualcuno rispetto ad altro: così egli stesso fece votare i suoi elettori per Ratzinger allo scopo di bloccare il candidato della Curia e poi, successivamente, Scola dirottò i propri elettori su di lui. 

Questa è niente altro che la fisiologia delle votazioni e quelle dei conclavi, essendo partecipati da uomini, ancorché cardinali, non sono diverse, ma solo per tradizione molto riservate vs l’esterno e contrassegnate dalle note fumate (più ce ne sono di nere e più il processo di scelta e i dissidi da superare fra i porporati sono immaginabili).

A ogni nomina pontificale si sono poi sempre accompagnati dotte analisi, articoli e commenti di esperti le cui fonti non sono mai state, verosimilmente, ispirazione personale, ma contatti riservati, magari anche di contenuto parziale, con protagonisti porporati o comunque ecclesiali destinati a rimanere anonimi.

Il fatto di raccontare memorie su avvenimenti siffatti, che ora fanno parte della storia, da un lato demitizza un evento pur di somma importanza per l’ecclesia mostrandolo nella sua semplice (e ripetitiva), ma in ogni caso difficile realtà umana e, dall’altro, riconosce umilmente che anche nella Chiesa si esprimono e permangono forti dinamiche e vivi contrasti, connaturati comunque alle umane istituzioni, a chi le compone e fattualmente inalienabili. 

Contrasti che comunque non esistono o emergono solo nei conclavi, i quali terminanti nel liberatorio e formalmente concorde habemus papam potrebbero apparire quasi come estemporanee oasi di pace e concordia ecclesiale, ma tracimano poi sempre e ovunque nella vita e nelle opere sia della istituzione sia della comunità religiosa. 

D‘altra parte basta rileggere la storia della Chiesa dal suo inizio per intuire che nascondere od omettere non equivale, mai e a maggior ragione nell’ambito le cose di Dio, a risolvere alcunché: nell’ultima cena (“la notte in cui fu tradito…” scrive incisivamente Paolo il quale sapeva usare le parole) alla distribuzione del pane e del vino che fondano l’Eucarestia c’erano nella semi oscurità attorno al tavolo del desinare un traditore, un (di lì a poco) rinnegatore spergiuro e discepoli pronti di lingua (non ultimo il dissidio su chi fosse fra loro il più grande), ma (di lì a poco) tutti quanti fuggitivi.

E costoro erano quelli scelti direttamente dal Signore che offriva la vita a testimone della nuova alleanza, la precedente già rotta da tempo, nella sua ora umanamente più oscura.

La storia da lì prosegue nei secoli fra concili talvolta simili ad arene, violenze di ogni genere, lotte di persone, poteri ed edificazioni politico-temporali poco conformi all’annuncio evangelico, nomine al soglio pontificio di individui da cui stare alla larga etc, ma altresì anche storia indissolubilmente intessuta con la santità di innumerevoli altre figure note, poco note e in maggioranza nemmeno note.

Ma con “uomini peccatori, donne peccatrici, sacerdoti peccatori, suore peccatrici, Vescovi peccatori, Cardinali peccatori, Papa peccatore? Tutti. Come può essere santa una Chiesa così?” si chiedeva Francesco nella udienza generale del 2 ottobre 2013 e dava la risposta parafrasando la Lettera agli Efesini e precisando che la Chiesa “Non è santa per i nostri meriti, ma perché Dio la rende santa, è frutto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Non siamo noi a farla santa. È Dio, lo Spirito Santo, che nel suo amore fa santa la Chiesa”.

Con il che inducendo a confermare la considerazione (personale e non da oggi) che a fronte della mancanza di prove razionali circa l’esistenza di Dio, intuibile solamente per mezzo della fede (il mistero), ci sono però taluni indizi seminati dal Dio nascosto (Deus che, in quanto abscondidus, lascia del tutto libere le creature di cercarlo e crederlo oppure no), indizi fra i quali, e a livello anche solo empirico, svetta la persistenza nel tempo della Chiesa nonostante tutto e ciascuno. 

Quale altra istituzione umana esiste e perdura, nonostante tutto e ciascuno, da oltre venti secoli?

Per cui anche nei conclavi, passati e presenti e futuri, non manca quello che i cristiani, fra cui chi scrive temerariamente si annovera, considerano presenza dello Spirito.

Anzi si arriva anche a pensare, un po’ sbrigativamente, che alla nomina del pontefice non sia estranea l’opera dello Spirito.

Ma quella opera, invero, nessuno la disvela perché nessuno, nemmeno il più esperto, la individua e neanche i cardinali presenti in conclave e fin il papa che ne esce i quali possono unicamente, se desiderano o hanno motivi per farlo, raccontare parti di cronaca.

Giacché la presenza e opera dello Spirito è a occhi e menti umane, a eccezione forse di quelle profetiche, non solo difficile, ma del tutto impossibile da individuare, in ispecie lì per lì piuttosto che sul lungo (per gli uomini, si capisce) periodo, e nondimeno persiste come sottile filo d’oro il quale si snoda, anche quale carsico flusso di corrente, come il vento che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va.

 

LMPD

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