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APOCRIFA – Senescenza (1)

La senescenza corrisponde in prima approssimazione a un lento processo di deterioramento progressivo dell’organismo pluricellulare che accompagna tutto l’arco della sua vita in direzione del termine, la morte, sebbene con diverse modalità fra le specie e, anche, fra gli individui della medesima specie.

Prima che la scienza intervenisse a spiegarne i processi, è curioso (e istruttivo) osservare come già gli antichi, per ispirazione mitologico-poetica, fossero giunti a immaginare in pratica qualcosa di molto simile: fra le Moire (Parche a Roma dove, in origine, Parca era la dea che presiedeva alla nascita) infatti Cloto filava fin dall’inizio lo stame o filo della vita (…Ma perché lei che dì e notte fila/non li avea tratta ancora la conocchia/che Cloto impone a ciascuno e compila) e Lachesi girava il medesimo filo sul fuso secondo quanto tempo e destino spettasse a ogni creatura, mentre Atropo rimaneva in attesa di reciderlo.

L’intuizione, corretta, è che lungo il medesimo stame concorrono nel trascorrere del tempo sia vita sia morte, aspetti inseparabili della medesima realtà.

Di per sé, quindi, la senescenza è fenomeno biologico, ineluttabile e sostanzialmente simile fra tutti i viventi che però, nella specie umana, si amplia anche a essere fenomeno di rilevanza socio-culturale e fin politica se si considerano le numerose implicanze che l’aumento dell’insieme di persone vecchie comporta in termini di organizzazione e di assistenza per il governo di un Paese.

La vita media, nello scorso secolo, si è allungata di venti o trent’anni a causa in particolare dei progressi della medicina e delle mutate, in positivo, condizioni generali del vivere che hanno dato manforte alla omeostasi (sistema immuno-neuro-endocrino) della creatura, cioè al miglior mantenimento o riequilibrio, ai livelli biologicamente prefissati e ottimali, del valore dei rapporti e parametri interni insidiati e disturbati di continuo da vari fattori esogeni ed endogeni.

Dal che un rilavante miglioramento anche del rapporto che intercorre tra corpo e mente.

Ma la figura stessa del vecchio è peraltro, sotto il profilo socio-culturale, ambigua e per molti aspetti scivolosa e controvertibile: da un lato si tende infatti al rispetto in virtù dell’esperienza maturata, della sua trasmissibilità, dell’esempio che il vecchio può conferire alle nuove generazioni e dell’ausilio che può loro prestare se queste guardano a lui con fiducia e affetto (tipico è il caso dei nonni) mentre, da un altro, l’età (altrui) è vista come un peso o problema che viene ad aggiungersi a tanti altri che già ci sono aggravandoli ulteriormente: donde allontanamento, fastidio, negligenza, condiscendenza, poca o punta sopportazione e scarto.

Un aspetto che certamente non aiuta a mantenere l’integrazione sociale del vecchio è poi la mutazione del nucleo familiare sovente disgregato dalla forza di trascinamento verso altri lidi indotta dai trasferimenti all’estero per motivi di studio o professionali e quindi la progressiva scomparsa di una sede anche fisica sia delle comuni radici sia degli appartenenti alle medesime.

In ogni caso, allo stato attuale, i grandi progressi medico-scientifici intercorsi a partire dal secolo scorso nello studio della senescenza e nella progressiva scoperta dei suoi processi e rapporti funzionali non solo hanno portato spiegazioni, ma offrono altresì, ed è ancora più rilevante, sempre ulteriori prospettive di miglioramento, in particolare di quella integrità morfologica e funzionale dell’organismo regolarmente insidiata da fattori nocivi esogeni ed endogeni di cui sopra, con ulteriori prospettive di allungamento dell’esistenza.

E’ stato individuato anche il nuovo concetto di ‘invecchiamento con successo’ (successful aging), che si distingue dalla più tradizionale visione di una senescenza obbligatoriamente circondata dall’insorgere di patologie varie e che si presenta come prodromico di strategie ad hoc apportatrici di tutela e rinforzo ai processi molecolari anti-invecchiamento i quali, per evoluzione delle cellule, già nell’organismo si oppongono naturalmente ai danni correlati all’età.

Va da sé che le numerose patologie che circondano la vecchiaia rendendola assai poco successful sono sfortunatamente del tutto reali, ma la logica di contrastare più efficacemente la senescenza origina dalla scoperta che, in genere, interferendo adeguatamente su tre variabili (temperatura ambiente, alimentazione ed esercizio fisico) si può ritardare il suo processo in quasi tutte le specie riducendo al contempo l’incidenza delle principali malattie collegate all’età e quindi aumentare la lunghezza della vita.

E’ appena il caso di rilevare che le tre sopra citate variabili coincidono in buona parte con le modalità di vita e le condizioni ambientali cui sono imputabili non poche patologie tradizionalmente associate al progredire della vecchiaia onde sembra ancora di maggiore efficacia e utilità intervenire a contrasto del medesimo fenomeno, cioè della vecchiaia, da prospettive differenti: intervento sulle variabili e miglior cura delle patologie.

Rimane ancora scoperto il caso, peraltro di recente indagine da parte dei ricercatori, ma sensibilmente esteso nella società, costituito da quelle numerose avversità esistenziali che, di fatto, vulnerano l’equilibrio psico-fisico della creatura: lutti (in particolare del consorte), perdita del lavoro, stato di quiescenza non accompagnato da corrispondenti succedanei, solitudine e depressione, consapevolezza di inutilità e di scarto in ispecie se subìta per via di situazioni esogene, familiari e sociali e comunque non volute.

Oggi si comprende quali devastanti effetti sul sistema immuno-neuro-endocrino abbiano queste molteplici situazioni di stress emotivo verso le quali il possibile contrasto non è tanto biologico-medico (e ancor meno farmacologico) quanto piuttosto istituzionale, sociale, culturale, di scelta, di coinvolgimento e di adattamento.

LMPD
(continua)

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