APOCRIFA – Tennis d’annata
Non è mia intenzione scrivere sull’Australian Open 2022 appena conclusosi a Melbourne perché non esperto e perché tutto è già stato detto e raccontato, anche molto bene, di quest’ultimo lunghissimo agone in salita per rimontare, prima della vittoria, i primi due set persi.
Mi ha solo rinovellato la memoria su qualche parola a suo tempo udita da un vecchio signore che amava molto il tennis e lo aveva seriamente ben giocato fino a oltre settantacinque anni e più.
Giovane partecipava, come dilettante, anche ai tornei per il suo Tennis club e, terminata la fase agonistica (della quale taluni autarchici cimeli di primo premio hanno perfino superato i bombardamenti), aveva continuato a coltivare il suo sport preferito rapportandogli forze fisiche, oltre che mentali, ovviamente aggiornandole in proporzione man mano, ma sempre mantenendo il medesimo stile.
Sebbene non particolarmente avvantaggiato dalla statura, aveva egli un bel servizio preciso e insidioso, un bel drive, uno splendido rovescio (anche smorzato) sia incrociato sia long line, un’agile e imprevedibile volèe.
Ora questo vecchio signore aveva sul tennis, come si suol dire, le sue idee non sempre esattamente attuali o conformi all’evoluzione (chiamiamola così) in corso, in quanto idee palesemente targate nel secolo passato e nello scorso millennio, che possono però anche riassumersi facilmente perché non particolarmente complesse.
Anzitutto, sul piano formale, la divisa di gioco sempre e solo bianca (altresì il maglione di lana con il collo a V -unicamente segnato da un sottile filo azzurro- per il riscaldamento e il dopo partita), scarpe comprese, e la regola che la racchetta non si dovesse usare a due mani (come una specie di clava).
Sul piano sostanziale, atteso che il gioco è fantasia e ispirazione soggettiva, in rapporto si capisce alle proprie capacità e forze psico-fisiche, nei confronti di un avversario a sua volta giocatore (e non di un nemico da abbattere) onde cercare di superarlo nel rispetto reciproco delle regole, i comportamenti iracondi o volgari o le sceneggiate tese a dare fastidio e a intimidire erano considerate anti-sportive e quindi da evitare, così come il tifo da stadio da parte del pubblico cui competevano, nel caso, contenuti, ma significativi battimani.
“Il campo da tennis non è l’arena della corrida né il campo di calcio” sosteneva convinto il vecchio signore il quale, da un certo punto della storia in poi, quando prevalse il professionismo sempre più specializzato e mirato con tutte le sue inevitabili conseguenze, isterismi compresi, percepì chiaramente che il ‘suo’ tennis (giocatore preferito era Rod Laver) se ne stava andando per sempre trasformandosi in qualche cosa di diverso: un lavoro e una carriera specifica -come peraltro avveniva, ed è avvenuto, anche in altre discipline sportive- che a (formale) motivo della rete internazionale in cui naturalmente si muove talvolta pasticcia anche un po’ con nazionalità e residenza fiscale.
Dove e quando l’intuizione del barone de Coubertin ha fatto il suo tempo.
E iniziò quindi a interessarsene meno dicendo, per esempio, a proposito dei campioni pro-tempore: “Gioca bene, ma è un gran maleducato … vince, ma spara solo cannonate da fondo campo: che partita è?” Etc., etc.
Sempre, poi, sul piano sostanziale la massima non scritta da nessuna parte, ma ognora valida come quella dell’oracolo di Delfi, era che la partita in ogni caso terminava solo con l’ultimo punto segnato a favore e che, prima di esso, anche se in grande e (apparente) incolmabile vantaggio, si poteva in ogni caso pur sempre perdere.
Perché lo sport è nella testa e nel cuore e nello spirito non meno che nelle gambe, nelle braccia e nel fiato. E nel tennis i concetti di possibilità e probabilità si stirano e si accartocciano a modo loro ancor più che nella (apparente) vita reale, un po’ come lo spazio-tempo in Einstein.
Ora questo vecchio signore (che è anche padre di chi scrive) morto novantenne sedici anni or sono (e in questo mese sarebbe il suo compleanno), manda un timido sorriso, un plauso e un sincero pensiero di ringraziamento al vincitore dell’Australian Open 2022 il quale, a trentacinque anni suonati e in questa epoca di mezzi mostri, ha rimontato e vinto contro un altro campione ed è correttamente intervenuto verso il pubblico che troppo a viso aperto e con scomposto clamore, a scapito del suo avversario, lo sosteneva nella rincorsa apparentemente impossibile.
LMPD