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L’APPROFONDIMENTO – In-out

In-out, dentro-fuori: l’attualità sembra sempre più dominata da questo rigido dualismo. Da un lato ciò che ci interessa (in), dall’altro ciò che ci è indifferente (out). Prima quello che concerne me, la mia famiglia, il mio gruppo di appartenenza, la mia nazione (dentro), poi tutto il resto (fuori).

Per capire dove è situato il confine tra dentro e fuori, può essere interessante ripercorrere brevemente le tappe della nascita e dell’evoluzione della vita sulla Terra.

Quando – tra i 4 e i 3 miliardi di anni fa – iniziarono a comparire le prime forme di vita nelle acque del nostro pianeta, la strada presa dall’evoluzione fu quella di aggregare membrane lipidiche che – in soluzione acquosa – permisero di definire un “dentro” ricco di chimica organica e un “fuori” dove sperare di trovare nutrienti. Così nacquero le prime cellule, che oltretutto erano capaci di immettere altri “dentro” nell’immenso “fuori” marino, grazie alla loro capacità riproduttiva.

È lecito immaginare che la comparsa della vita avrebbe potuto essere innescata anche in altri modi: per esempio senza la definizione preliminare di un confine tra dentro e fuori. Ne sarebbe seguita una vita planetaria collettiva, fatta non da soggetti isolati (cellule, organismi e specie, in perenne competizione tra loro), ma da un vero e proprio pianeta vivente, nel quale ogni forma di vita sarebbe stata interconnessa all’interno di una rete di simbiosi mutualistica. Avrebbe potuto verificarsi una cosa del genere? Avrebbe funzionato? Non è dato saperlo e dobbiamo accontentarci di esaminare quello che è effettivamente accaduto sul nostro pianeta nel corso della lunghissima vicenda del “tempo profondo”.

Dopo l’individuazione di un “dentro” cellulare isolato, vi è stato l’emergere degli organismi pluricellulari, per formare i quali molteplici cellule si sono coalizzate in un “dentro” più ampio e quindi capace di affrontare meglio le sfide dell’ambiente esterno. I Mammiferi – tra gli ultimi ad arrivare nel novero degli esseri pluricellulari – hanno profondamente innovato il tipo di confine posto tra dentro e fuori: infatti da gusci, carapaci, scaglie e piume, sono passati a quell’organo straordinario che è la pelle.

La pelle è molto più sofisticata dei rudimentali confini precedenti: non si limita a essere un rivestimento protettivo per il “dentro”, ma è anche un formidabile strumento di apertura verso il “fuori”. Basti pensare alla comparsa delle ghiandole mammarie (ghiandole sudoripare modificate), che rappresentano l’innovazione anatomica più vistosa a testimonianza dello spostamento del confine in-out che, andando oltre l’individuo, si estende a includere anche i figli e più in generale la rete dei parenti. Negli animali sociali il confine si sposta ancor più all’esterno – includendo l’intero gruppo – e in noi umani ipersociali arriva a includere perfino persone del tutto estranee, purché appartengano alle nostre entità astratte preferite, quali religione, etnia, nazione, fede calcistica.

Adesso resta solo da fare l’ultimo passo in questa incoraggiante direzione: arrivare a considerare “in” tutti gli 8 miliardi di persone che vivono sul pianeta, visto che la Terra è il nostro comune ambito di appartenenza. In questa prospettiva, il confine rappresentato dalla nostra pelle è solo uno dei tanti confini funzionali intermedi, come lo sono la periferia dello spazio occupato dagli elettroni degli atomi che formano il nostro corpo, la membrana che delimita i nostri organuli intracellulari, la parete delle nostre cellule.

 

Davide Caramella

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