EDITORIALE – Dibattiti, fatti e opinioni
Posto che gli USA sono comunque un Paese importante sullo scenario mondiale qualche singhiozzo è stato forse causato, almeno negli spiriti più semplici, dal primo confronto televisivo avvenuto fra il presidente uscente e il suo sfidante.
Hanno contato 73 interruzioni in 90 minuti di dibattito peraltro infarcito di insulti e scadente quanto a contenuti che, teoricamente, ci si aspetterebbe in simile occasione.
Qualche osservatore nostrano interpreta che sia emersa l’anima contrapposta di due diverse Americhe, ma forse è ancora presto per dirlo e i giornalisti del posto si sono espressi (da: Anteprima, 1 ottobre) in modo meno intellettuale: Con interruzioni, bugie e insulti, Trump calpesta il decoro nel dibattito con Biden (New York Times), Il primo confronto fra Trump e Biden segnato dalle costanti interruzioni di Trump (Washington Post), È stato un gran casino dentro un cassonetto in fiamme dentro un disastro ferroviario (CNN).
CNN, per esempio, inizia così il suo servizio:
The first 2020 presidential debate Tuesday night in Cleveland featured an avalanche of lies from President Donald Trump while Democratic presidential nominee Joe Biden was largely accurate in his statements, though he did make some false or misleading claims.
E PolitiFact osserva: Era tutto salvo che razionale. In mezzo a tutto quel rumore c’era qualcuno che faceva attenzione agli argomenti?
Curioso, ma indicativo, che l’uscente fosse, al termine del match, di buon umore e convinto di aver detto quanto la gente si aspettava e che gli immancabili sondaggi in tempo reale, pur da prendere con le dovute pinze, abbiano assegnato il 60% circa delle preferenze allo sfidante.
Rovesciamo la prospettiva: significa che un soggetto investito della carica politica più elevata e importante, cui è addebitato di avere detto una valanga di bugie, riscuote comunque l’appoggio del 40%. Il radicalismo ideologico non è solo appannaggio dei movimenti terroristici, ma continua ad accecare la gente al pari di un virus senza vaccino.
Ma ancora più curioso, se proprio volessimo buttarla in politica, che un Paese come gli Stati Uniti sia arrivato al punto da proporre agli elettori per una carica pubblica fondamentale quale la presidenza soggetti simili, uno già sperimentato per quattro anni e un altro, absit iniuria verbis, che si distingue, tutto sommato, principalmente per non essere simile all’uscente: i meccanismi e le dinamiche di scelta e di selezione dei candidati non hanno, all’evidenza, funzionato con accettabile efficacia e questo è già un vulnus di partenza non indifferente per una democrazia che, come ogni altra, ha senza dubbio pecche e criticità, ma che rimane in ogni caso (allo stato ancora) una democrazia vera.
L’uscente, da parte sua, oltre ad avere in questo quadriennio inanellato parole, opere ed omissioni che difficilmente lo faranno ricordare (per quel che vale, si capisce) nei libri di storia sta ora gestendo un finalino scoppiettante a fronte del quale il considerare o prendere le signore ‘per la pussy’ sembra già archeologia politica che, al pari di un dito improvvidamente colto nel vasetto della marmellata, induce quasi alla tenerezza: fra private problematiche fiscali che meriterebbero qualche approfondimento, quantomeno in un Paese per lo più attento alla materia, e pubbliche dichiarazioni incendiarie circa i prossimi brogli elettorali a suo danno con annessi inviti alla resistenza e mobilitazione fisica.
C’è però un elemento che denota la libertà di giudizio con cui si muove, comunque in garanzia dei diritti anche a favore di chi non li apprezza, la stampa locale ed è il ricorso al fact-checking in tempo reale a beneficio non tanto di coloro che, incamiciati nelle rispettive ideologie, negano per principio qualsiasi evidenza, ma di chi, ancora, insiste a cercare possibilmente l’informazione circa i fatti preferendoli alle assordanti opinioni.
Se poi costoro sono unicamente un residuato biologico destinato a scomparire come le specie naturali in progressiva estinzione, lo si vedrà.
Per ora le emittenti televisive, sulla scorta della collaborazione con giornalisti capaci e usufruendo di data base aggiornati, adottano il sistema Chyron, la scritta in sovraimpressione che appare sulla parte inferiore dello schermo per comunicare quello che risulta, nei fatti, in parallelo alle parole pronunciate da chi sta intervenendo.
Riuscite a immaginare il Chyron in funzione da noi, mentre declamano i nostri VIP di molti colori?