EDITORIALE: Fake news e post-verità hanno un denominatore comune: la menzogna.
Fake news e post-verità hanno un denominatore comune: la menzogna.
E, in particolare, la menzogna prevalentemente utilizzata non tanto per difesa (che è la fase per così dire di base o più semplice dell’inganno: non so, non ricordo, non ero io, non c’entro…) quanto piuttosto per offesa (con l’obiettivo d’ingannare per il tramite di informazioni che si sa essere false).
La bugia esiste verosimilmente da quando esiste l’uomo e la sua possibilità (libertà) di scegliere, anche in modo approssimativo, fra il bene e il male e, anzi, affonda le sue radici fin nel Genesi e nella considerazione teologica del diavolo (colui che divide) come padre della menzogna cui si contrappone la verità e la vita (Gv 14,6).
Si può ammettere che la prima fake news, all’inizio, sia proprio quella del serpente (Gen 3,1-4) e che da allora il filo rosso della sua evoluzione non si sia mai interrotto, ma piuttosto progressivamente perfezionato.
L’efficacia della menzogna è direttamente proporzionale alla sua capacità di raggiungere un insieme sempre più esteso di interlocutori e di farlo velocemente.
Per questo il fenomeno, sebbene antico, raggiunge oggi dimensioni e caratteristiche assolutamente nuove proprio in termini di efficienza (costo del processo dis-informativo) e di efficacia (risultati) e quindi di danno sia sociale sia individuale.
La rete consente, da un lato, la diffusione di qualsiasi cosa in tempo reale basata su rapidità, capillarità, globalità e, dall’altro, quale motore del processo, il libero agire di un ampio, generale e generico insieme di soggetti in grado di alimentare il processo medesimo sia in modalità coperta da paraventi di comodo (sedicenti esperti, pseudo istituti etc) sia dall’anonimato o dalla falsità dei siti.
Come sovente avviene, la prima possibile difesa -senza attendersi più di tanto dai soggetti che, nel turbinio del web, fanno grandi profitti oltre a qualche dichiarazione pelosa di troppo- sarebbe nel ravvivare un po’ la cultura e l’etica iniziando a mettere in luce, fin dalla scuola e dalla famiglia (ahi, ricadiamo sempre qui, come per l’educazione personale e quella civica: ma se nessuna le insegna neanche in teoria e l’esempio poi manca come ci si muove? Cercando d’inventare un virus specifico e poi liberandolo nell’aria?), l’opportunità di atteggiamenti di prudenza, di consapevolezza e di attitudine al controllo.
In particolare non dimenticando che è più facile abboccare in condizioni psicologiche contingenti e particolari come ad esempio quando ci si sente dire quello che proprio si vorrebbe ascoltare (indipendentemente dalla sua realisticità) o quando si è in preda a sentimenti contrastanti con l’equilibrio come invidia, spirito emulativo etc.
Per promuovere l’emergere di una più attenta sensibilità e consapevolezza nell’utilizzo di tecnologie tanto potenti quanto suscettibili di deviazioni devastanti qualcosa inizia a muoversi anche a livello istituzionale, come ad esempio IFCN (International Fact-Checking Network) e altri siti specializzati a svelare le bufale: la responsabile adesione da parte degli operatori nel campo dell’informazione, principalmente dei giornalisti, è essenziale per il radicarsi e il funzionamento di queste iniziative.