EDITORIALE – Guardare in faccia almeno se stessi
Scrivevo precedentemente circa la curiosa trovata, frutto indiscusso dell’italico genio declinato in furberia levantina, di raccogliere nel perimetro dello stesso governo in carica pro tempore (confidiamo) sia la maggioranza sia l’opposizione (con il beneplacito dell’opposizione vera che, tanto per cambiare, non fa il suo mestiere se non per litigare al proprio già smagrito interno o essere assente).
Ma anche il tentativo di vedere la realtà sotto un aspetto possibilmente umoristico, in trepida attesa della primavera (varda Gyulai che ven la primavera…) e alla legittima ricerca di un po’ di buonumore, è costretto a desistere dall’incalzare degli eventi accompagnati da squilli di tromba (rectius: suoni di tromboni).
A riprova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che quella antica intuizione filosofica (una delle poche declaratorie ad avere mai avuto anche una conferma empirica) per la quale al peggio non c’è limite e sempre si può fare ancor peggio, e senza fatica alcuna onde in molti vi si appassionano, è quanto mai valida e inossidabile anche nel suk della politica nazionale.
Ove l’improvvisazione pilotata dall’interesse singolo e scissa dalla responsabilità (anzitutto politica) degli agenti e dalla valutazione (o consapevolezza) circa le conseguenze degli atti (anche le parole sono atti, ahi, ahi, ahi) è stabilmente, come sembra, la norma.
Quando i dati preannunciavano rallentamenti economici, autorevolmente erano essi bollati come deprecabili prospettive catastrofiche messe in circolazione dai soliti noti/ignoti.
Ora che siamo, e non da ora, nella palta ecco che sì, forse un po’, ma è una contingenza tendenzialmente temporanea. Peraltro poi confermata a livello internazionale, ma si sa che di quelli non ci si può fidare.
Chi sa se gli elettori riusciranno, prima o poi, in qualche modo a chiedere i danni, per lo meno morali, a chi ha loro distrutto risorse vere sostituendole con pezzi di carta oppure rimarranno entusiasti a frugare fra le maglie delle parole per raccattare, anche senza averne titolo beninteso (già si profilano gli esperti in questa artistica consulenza), l’ambrosia del reddito di cittadinanza.
Numerosi soggetti hanno fatto esperienza pluriennale sul campo delle pensioni d’invalidità, solo per esempio, pervenendo a risultati di tutto rispetto e comunque, almeno nel numero, superiori a quelli di Gesù: far guidare gli autobus ai privi della vista. E altro ancora: poi ci sono ancora quelli che non credono ai miracoli.
Chi sa se qualcuno arriverà a chiedere conto delle sporcizie costituite dalle restituzioni alle bande di trafficanti degli schiavi in fuga dai campi di concentramento libici sovrapponendo la propaganda e l’incapacità di trovare soluzioni (anzitutto con gli alleati) all’etica che, pur ridotta al minimo, un Paese civilizzato dovrebbe comunque mantenere al netto della ragione (non di Stato, che non si sa più neanche cosa sia), ma propria.
Basta leggere il rapporto, della fine del 2018, a cura dell’Alto Commissariato per i diritti umani e della Missione di supporto in Libia.
Altro che summit mediterranei.
Chi sa se qualcuno ricorda che la Francia (che ha, come tutti, i suoi difetti, beninteso) richiamò il proprio ambasciatore in occasione del coraggioso calcio del mulo, la dichiarazione di guerra a un Paese già in agonia.
Negli affari, privati come pubblici o internazionali, insegnano gli esperti (ahi, ahi, ahi) non bisogna guardare in faccia nessuno: ma, almeno, se stessi per evitare (cercare di evitare…) i prossimi pesci in faccia?