EDITORIALE – Legare l’asino dove vuole il padrone
C’era, e forse c’è ancora, un efficace modo di dire -legare l’asino dove vuole il padrone- che serve a chiarire come mai le consulenze e le commissioni, sebbene imbottite da titoli prestigiosi o ritenuti tali, non servano a null’altro se non a dare ragione (si fa per dire) o a supportare la tesi del rispettivo committente pro-tempore.
Ogni padrone che si rispetti ha il suo bravo asino, talora anche più di uno, e tutti questi quadrupedi necessitano bene di essere da qualche parte, caso per caso, allocati.
La confusione può crescere -ma che importa?- e anche il frastuono -ma chi ci bada più?-, ma quel che importa è che dal ragliare il quale notoriamente, e per fortuna, non giunge al cielo e altro non esce se non una teoria di ombre cinesi inetta all’uso.
E infatti le cose rimangono come sono con la conseguenza che, essendo passato inutilmente altro tempo, diventano, se del caso, ancora più complesse da governare (termine questo obiettivamente sproporzionato rispetto al suo normale uso nella prassi di ogni giorno).
Il settecentesco commediografo che scrisse di un tal Truffaldino servitore di due padroni, se fosse disponibile ancor oggi a osservare lo scenario non più veneziano, ma italico incorrerebbe forse nella tentazione di aumentare il numero: due, in verità, sembrano un po’ pochi, senza dubbio sottostimati (come si esprimono i consulenti nei loro atti).
Ma permane in ogni modo la medesima piattaforma, il canovaccio per la recitazione improvvisata (la Commedia dell’Arte non ce ne voglia) e un certo qual orientamento etico (inteso l’aggettivo nel senso di qualsiasi forma di comportamento) ben delineato all’inizio del testo della nostra commedia dalla penna dell’autore in persona che si rivolge direttamente al Lettore carissimo anticipandogli qualcosa del carattere del Truffaldino: … un servitore sciocco e astuto nel medesimo tempo: sciocco cioè in quelle cose le quali impensatamente e senza studio egli opera, ma accortissimo allora quando l’interesse e la malizia l’addestrano, che è il vero carattere del villano.