EDITORIALE – Tavole delle legge a cui non crede più nessuno
Dopo avere trascorso un anno a negare diverse e numerose evidenze e a cercare di attribuire a terzi (in particolare all’Europa) la responsabilità della stasi italiana, ecco che il governo si trova ora nella condizione di non poter traccheggiare oltre e di dovere negoziare con la UE la quale sostiene come il debito pubblico sia troppo alto e come non siano state intraprese azioni indicate per impostarne una corretta gestione.
In effetti, a parte argomentazioni tecniche comprensibili (forse) da super specializzati, non sembra a chi ragiona, come chi scrive, raso terra con l’aureo metro della casalinga (entrate e uscite: uscite quali? Per andare a scuola o per comperare il gelato?) che quota 100 o il reddito di cittadinanza, obiettivi indubbiamente costosi, siano spesa di pubbliche risorse atta a promuovere, neanche indirettamente, un qualche volano di recupero di competitività o di incremento, seppur gradualissimo, della ricchezza collettiva senza ricorrere al tradizionale metodo, che non tutti apprezzano, di stampare soldi o finti soldi in cantina con il favore del buio.
Sia ricordato solo fra parentesi: il debito della P.A. nei confronti delle imprese e la pubblica tendenza a procrastinare i pagamenti dovuti non sono una scoperta di questi giorni, ma il risultato di un vizietto che affonda le sue radici negli anni passati (tanti) e nei governi di ogni colore.
E pensate a un aumento dell’IVA, per mesi risolutamente negata come una pratica contro natura (si fa per dire) e ora ammessa alla conversazione fra due parentesi che più sicure e tranquillizzanti non potrebbero essere: se non si troverà un’altra via d’uscita.
Tanto di cappello, forse ci saremmo arrivati anche noi!
Così adesso che i popul-sovranisti bicolori (a me -con la licenza poetica di cambiare un colore- viene in mente, chi sa come o perchè, il buon soldato Sc’véik alle prese con la bestia giallo-nera) hanno fatto di tutto per rendere in Europa il meno credibile che si possa il nostro Paese, e ci sono anche riusciti ad onta delle accuse di poca efficacia nella rispettiva azione politica rivolta loro da qualche parte, tocca comunque al presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia e delle Finanze negoziare, in un clima che agevolmente potremmo definire diffidente, il debito ed evitare una procedura d’infrazione (lasciando per ora da parte il commissario europeo che non è argomento banale).
Aspetto fra i più curiosi della incessante e sterile diatriba fra gli avversari-alleati siamesi è il continuo riferimento al contratto di governo (ahi, questi contratti improntati alla saggia massima del licet contrahentibus sese circumvenire: è lecito ai contraenti mettersi nel sacco a vicenda) richiamato con la medesima occhiuta risolutezza di quelle tavole della legge alle quali di questi tempi non crede più (quasi) nessuno.