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L’EDITORIALE – Caro Diario

Caro Diario,

come ogni anno, non so perché (o forse non me lo ricordo), all’avvento della calura estiva sulla città semideserta mi viene da tirati fuori dall’ombroso cassetto dello scrittoio ove ti custodisco.

Non sono esperto del ramo, ma data la rilevanza degli avvenimenti ho letto anch’io qualche notizia sull’attentato al former president ora di nuovo in corsa e, rimanendo si capisce ai margini come d’uso, ho raccolto dai media qualche aspetto curioso.

Ora, nel raduno del fine settimana del GOP (Grand Old Party) a Butler, in Pennsylvania, un giovane ha sparato con un fucile a Mr. Trump ben in vista sul palco del comizio ferendolo di striscio a un orecchio.

Subito pare che FBI abbia dichiarato di stare indagando sulla sparatoria considerandola un tentato omicidio: dato che uno degli spettatori è rimasto ucciso e due feriti (dal filmato risulta come tutta la platea se ne stesse abbastanza tranquillamente seduta sui propri scranni) si deduce che il tentativo sia riferibile unicamente al candidato.

Sono partiti, comprensibilmente, anche altri approfondimenti.

L’ispettorato generale del Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti indaga, allo scopo di valutarne i processi, sulla pianificazione delle misure di sicurezza da parte dei servizi segreti che, a quanto si capisce, hanno istituzionalmente in carico la sicurezza dei protagonisti (presidenti ed ex presidenti) in questi casi.

Il direttore dei servizi segreti ha dichiarato di considerare la sparatoria al comizio di Trump inaccettabile (termine attualmente preferito dai VIP di ogni lingua per esecrare formalmente comportamenti o eventi particolarmente gravi, sebbene in evidente spregio o non conoscenza del suo significato) e con l’occasione ha puntualizzato, non si sa mai, che non pensa a dimissioni.

Il presidente in carica ha dichiarato di avere prontamente disposto una verifica indipendente e altresì esortato a ritenere che i problemi non siano da risolvere con le pallottole.

Anche i repubblicani al Congresso hanno promesso indagini rapide.

La sparatoria ha dato origine a motivate preoccupazioni su come un individuo provvisto di fucile dall’inconfondibile sagoma sia riuscito a salire sul tetto di un capannone con prospettiva libera al bersaglio a non più di 120 metri di distanza.

Qualcuno ha proposto una similitudine con la vicenda di fantasia raccontata a suo tempo ne Il giorno dello sciacallo (attentato a De Gaulle), ma forse non ricorda bene: nella vicenda di Butler non sembrano esserci tutti questi scafati e ben preparati professionisti.

Il killer è (era) un ragazzo di venti anni, bravo e tranquillo e un po’ solitario studente che, scelta l’arma adatta (un fucile da guerra AR-15 di cui l’associazione di categoria degli armaioli stima ce ne siano in circolazione oltre 28 milioni solo negli USA) nel ben fornito arsenale paterno, a differenza (per generale fortuna) di altri suoi maggiormente abili predecessori, manca un bersaglio non difficile. Comunque, una persona l’ha mandata all’altro mondo e due in ospedale.

Ora si trovano, le autorità, di fronte al consueto enigma (come mai? Perché mai?) e pare, oltre a tutto, l’attentatore avesse raccolto informazioni sia sui repubblicani sia sui dem), ma avendolo per precauzione steso difficilmente potranno fargli domande.

Alle preventive verifiche di sicurezza in loco la zona del tetto del capannone era stata ovviamente individuata come pericolosa, ma poi non è più chiaro (quantomeno allo stato) se fosse seguita l’individuazione anche del soggetto pubblico tenuto alla sorveglianza.

Ora gli uffici si palleggiano a vicenda la responsabilità dell’inadempimento.

È uscita perfino una nota per la quale pare che un agente avesse intercettato il giovane durante o appena dopo la sua scalata al tetto, ma abbia desistito dall’intervenire in quanto minacciato dal fucile di colui.

Caro Diario, tendo a crederci fino a un certo punto, ma la mia opinione è irrilevante.

Il mancato morto, da parte sua, ha subito colto la palla (meglio: la pallottola) al balzo per rimbalzare, désso, ancora più avanti e in fuga solitaria fra le standing ovation dei sostenitori (come se il merito di essere ancora vivo fosse suo) rispetto all’acciaccato competitore, che ora ha pure il Covid oltre che sul punto di ritirarsi, e in ciò bisogna dargli atto di essere coerente con l’identikit di se stesso che assiduamente coltiva.

Nondimeno in un paese di aspiranti a ripercorrere le gesta dello OK Corral (peraltro al tempo bel film in bianco e nero) non dovrebbe dimenticare, oltre al pugno chiuso di passata memoria e al fight fight da duro etc, di andare ad accendere (a chi sceglie lui, si capisce) un cero da non meno di 200 libbre.

E se non fosse proprio ancora convinto di essere bensì vivo, ma solo per miracolo (o, laicamente, per un caso fortuito) potrebbe fare la prova del nove onde, selezionato il miglior cecchino dei marines, farsi graffiare ancora una volta l’orecchio, magari l’altro, da centoventi metri.

Poi, siccome il nervosismo tende comprensibilmente a rimbalzare in salita, ecco che a Milwaukee (Wisconsin) la polizia ha sparato a un tale, Geova di nome o di soprannome, dimorante in tenda e padrone di un pitbull e armato di coltello, trovato all’altezza di un miglio dal perimetro di sicurezza di altro raduno GOP in corso.

Forse sospettavano, considerato anche il suo nome, che fosse in grado di lanciare con precisione omicida il coltello da un chilometro e mezzo di distanza. Hanno peraltro subito rassicurato che nessun poliziotto è rimasto ferito nell’azione preventiva.

Caro Diario, devo dirti, però a bassa voce, che mi sembra come questo grande Paese d’oltre Oceano tenda talvolta a fornire di se stesso un’immagine un po’ sopra le righe perché, a parte i film in cui sono considerati maestri per gli effetti spettacolari e per il solito eroe il quale, testardamente solo contro tutti gli zucconi della polizia etc, salva in limine, accompagnato dalla ansante bionda di turno, il presidente o chi per esso dal consueto killer, non nego di avere pensato che quanto e come avvenuto negli USA mi abbia fatto venire in mente qualche somiglianza con altro Paese, ben più piccolo e dimesso, ma al pari noto per la sua costante disorganizzazione, che tu e io conosciamo da vicino.

Eccezion fatta, s’intende, per la psichiatrica infatuazione verso le armi dalla quale noi, pur carichi di innumeri difetti, siamo al presente ancora indenni.

Ma non dirlo a nessuno.

E capisco anche come tutto il mondo è paese (in fatto di disorganizzazione burocratica e incompetenze e bugie istituzionali) suoni banale e magari, apparentemente, perfino superficiale: tuttavia ricordi anche tu quanto scrisse il mitteleuropeo H. von Hofmannsthal: La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie.

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