L’EDITORIALE – Dai Medi ai Sasanidi: secoli di potenza persiana
I Persiani, cui Hegel accreditò il titolo di primo popolo storico, presentano insediamenti che risalgono al 7000 a. C. e hanno sempre avuto un ruolo molto importante, fino dall’antichità, nella storia dell’Oriente e dell’Occidente.
Il sorgere della Persia come nazione è a opera dei Medi (700 a. C.) e Ciro il Grande, il medesimo sovrano che la Bibbia registra avere permesso agli esuli ebrei di tornare in patria dopo la cattività babilonese, fonda l’impero achemenide (550–330 a. C.) il quale è anche il primo stato globale (come oggi si direbbe) steso attraverso tre continenti dai Balcani al Nord Africa e all’Asia centrale.
Persepoli (in greco antico Città dei Persi e in persiano Parsapura), nella zona di Shiraz, ai piedi dei monti Zagros e vicino a un fiume a circa 1.600 metri di altitudine sopra il livello del mare, fu splendidissima capitale, residenza dei Re dei Re tanto sontuosa e magnifica (una spianata di oltre 120.000 metri quadri di superficie elevata e costruita artificialmente e in parte scavata dal monte Rahmet) quanto luogo misterioso e remoto in regione montana di aspro accesso al punto che i Greci non la conoscevano nemmeno (le città principali essendo Susa, Babilonia ed Ecbatana) fino a che il macedone Alessandro non la distrusse saccheggiandola quando nel 334 a. C. invase l’impero achemenide e sconfisse l’anno seguente l’ultimo Re dei Re, Dario III.
Dopo avere forzato lo schieramento nemico alla Porta persiana, il passo di montagna non dissimile, quanto a funzione difensiva, dalle Termopili che nel massiccio dei monti Zagros collegava, e collega, la costa del Golfo persico con la parte centrale della Persia.
Dopo Alessandro e la parentesi dei regni ellenistici avvenne la ricostituzione della Partia che riunì nuovamente gli spazi territoriali iranici ricreando nei fatti il precedente Impero persiano.
L’Impero partico durò fino a quando non gli succedette l’Impero sasanide (224 d. C.), ultimo stato persiano e acme della civiltà iraniana antica prima dell’epoca islamica (dal 650 d. C.), che fu grande potenza in Asia occidentale, meridionale e centrale estendendo il suo dominio su Iran, Iraq, Afghanistan, Siria orientale, Caucaso (Armenia, Georgia, Azerbaigian e Daghestan), Asia centrale sudoccidentale, parte della Turchia, regioni costiere della Penisola arabica, la regione del Golfo Persico e altre regioni del Pakistan occidentale.
L’altra grande potenza globale del tempo era l’Impero romano e, poi, l’Impero bizantino o romano d’Oriente: si combatterono quindi durante circa otto secoli senza praticamente sosta indebolendosi reciprocamente fino alla rispettiva consumazione.
All’impero achemenide che regnava, secondo alcuni studi, su poco meno della metà di tutti i viventi al mondo intorno alla fine del V secolo a. C., mancava la piccola Grecia (libera, indisciplinata e frammentata politicamente), ma la pur agevole conquista delle modeste poleis, troppo attive anche con le loro colonie sulla costa occidentale del mare, così come prevista dai potenti consiglieri del Re dei Re (Erodoto racconta) si trasformò in smacco e ripetuto disastro per una di quelle (forse) casuali combinazioni di circostanze che, talvolta, modificano imprevedibilmente e contro ogni ragionamento o logica il corso della storia.
La virtù greca e l’ira salvarono la civiltà occidentale e Allor, vile e feroce, Serse per l’Ellesponto si fuggìa.
Ma la Persia è stata in antico la potenza mondiale imperialistica d’Oriente per mille anni e sempre in rapporti, per lo più di lotta, con l’Occidente per cui non si può dimenticare che ci siano, nella intrecciata tradizione, lunghe radici anche di ordine culturale e spirituale, oltre che politico-materiali.
Ahura Mazdā era il Signore Dio già degli Achemenidi e il conseguente sistema teocratico la organizzazione unica dello stato imperiale non dissimilmente, quanto a regole e comportamenti autocratici, dall’uso politico attuale della religione sciita da parte degli odierni ayatollah.
La metafora più realistica, forse, dello scontro secolare non mai risolto fra Oriente e Occidente si rinviene nella storia di Doura Europos, la grande città carovaniera un tempo antico insediamento semitico sulla riva destra dell’Eufrate la cui posizione lungo i confini orientali dell’Impero romano registrò prolungati e diretti contatti prima con Parti e poi con i Sasanidi.
Da spazio di fusione di differenti tradizioni culturali, come conservate e ritrovate nelle rovine della città (sinagoga, casa-chiesa paleocristiana, pergamene, suppellettili, armi e armature, affreschi etc) a teatro di incessanti e feroci combattimenti fra Sasanidi e Romani che si svolgevano in gran parte sotto terra, al buio di cunicoli e gallerie scavate dagli assalitori e contro scavate dai difensori della Legio IIII Scythica, già fondata nel primo secolo da Marco Antonio per le operazioni militari, non per niente, contro quei Parti che sono una costante nella storia romana e ricorrente incubo di imperatori e generali.
Una guerra di modalità operative miste fra alta ingegneria e ancora più bestialità di comportamenti con soldati che al pari di talpe antropofaghe si infilzavano reciprocamente senza vedersi nelle tenebre e rimanevano sepolti dalle frane e, non ultimo, con l’utilizzo da parte dei persiani di gas velenosi ante litteram prodotti dall’accensione di un misto di bitume e cristalli di zolfo.
Alla fine, a metà del III secolo d. C., i Sasanidi penetrarono in città per una rampa esterna e per un tunnel e la saccheggiarono vendendone schiavi i difensori superstiti.
Il luogo perse importanza e interesse né venne più ricostruito, ma abbandonato nel silenzio a frantumarsi e sfaldarsi un po’ alla volta sotto il sole impassibile del deserto.
Sic transit gloria mundi, ma è saggezza antica (al pari di Qohelet) che, come salda consuetudine, va però predicata unicamente agli altri e non è ri-proposta più, visti forse i risultati dal XIII secolo in poi circa l’uso del potere temporale, neanche nell’elezione del vescovo di Roma.