L’EDITORIALE – Potere e disgregazione
Il the Economist del 22 novembre scorso intitola la copertina, in cui campeggia la foto soddisfatta e ridanciana dell’uomo più ricco e più potente del mondo seduto informalmente fra modellini che ricordano le varie sue specialità imprenditoriali, Disruptor -in- chief e l’articolo è introdotto dalla precisazione che l’obiettivo, appunto, della disgregazione farà parte dell’azione politica del neo ri-nominato presidente USA volta a lasciare libero il prescelto di muoversi nell’amministrazione pubblica non diversamente da come colui fa da sempre nelle sue molteplici aziende.
Non più tardi del 2017 Uncle Elon, come egli è ora familiarmente chiamato a Mar-a-Lago, aveva per la verità una diversa considerazione del suo attuale mandante avendolo sobriamente bollato come “un truffatore” e “uno dei migliori str…. del mondo“, ma si sa che tutto scorre e anche le opinioni degli umani evolvono, senza parlare del fatto che sette anni, nel vorticoso precedere degli eventi globali, dove nessuno rinuncia a metterci del suo, sono praticamente un secolo o quantomeno una generazione.
Non più tardi di qualche giorno fa i due neo amici assistevano insieme al lancio di un razzo, costruito dalla efficiente ed efficace impresa spaziale di uno dei due che, dotata all’evidenza di risorse inimmaginabili a un comune osservatore, è diventata in breve più produttiva di un ente spaziale governativo.
Ora, puntualizza l’articolista, l’alleanza tra il principale politico del mondo e il suo uomo più ricco crea una concentrazione di potere che entrambi vogliono usare con effetti esplosivi: per tagliare la burocrazia, far esplodere le ortodossie liberali (il significato dell’aggettivo non corrisponde forse a quello più comunemente usato, anche dalle nostre parti) e deregolamentare in nome della crescita.
E sottolinea inoltre come, nei fatti, le imprese del nostro abbiano effettivamente trasformato più d’un settore della economia mondiale onde, da un lato, si giustifica la correttezza del sostantivo disruptor -ben diverso dall’agire di colui che depreda per sé- e, dall’altro, incapacità e incompetenza del governo (americano, ma non solo ndr) in diverse aree paiono incoraggiare una scelta, anche a tutto voler concedere, non priva di rischi.
Come favorire l’emergere di un’oligarchia corrotta rischiando di normalizzare la collusione tra politici e magnati e di indebolire le protezioni dell’America contro i conflitti di interesse.
Rimanendo peraltro la possibilità che, volatili i rispettivi caratteri, la novella bromance fra i due grandi corra a sua volta qualche rischio.
Ma questo è un altro discorso.
Ora è questo il personaggio che in un momento (alla lettera, si presume) di svago ha cinguettato, per dirla all’antica, che certi giudici della Repubblica devono andarsene o qualcosa di simile, suscitando l’indignazione di taluni politici e sottolineando il silenzio di talaltri.
E, in un certo imbarazzo, la secca puntualizzazione da parte del nostro Presidente che lo ha cortesemente esortato, in punto di ineccepibile correttezza istituzionale, a farsi i fatti suoi.
Al di là, però, della puntualizzazione la quale si tinge oggi quasi di ancien régime (in significato opposto a quello di A. Tocqueville) per via della predominante canea che caratterizza nella deep maleducazione i rapporti fra Stati non diversamente che da quelli fra persone, un diverso considerando forse si propone.
A parte, si capisce, che mettere un puntino sulle i sarebbe spettato agli attenti sovranisti di casa e in particolare a coloro che con il signore, allo stato sulla cresta dell’onda (anzi delle onde), ostentano la miglior consuetudine amicale oltre che comunanza di interessi e pensieri (ma la difficoltà è data forse dal fatto che la pensano esattamente come lui) e a parte sempre, non ultimo, che gli indignati nostrani sul neo presidente USA ne hanno dette, e ne dicono, di ogni genere, la globalizzazione tele comunicazionale dei social, beniamini della gran maggioranza del popolo vuoi intellettuale vuoi bovide vuoi anuro, permette a chiunque di far conoscere in tempo reale al mondo in trepida attesa qualsivoglia pensiero o idiozia gli passi per la testa (termine improprio): ovviamente a condizione che gli si dia retta.
Inoltre, e a fronte di questa indifferenziata vasta platea (l’unica in cui la biodiversità non corre rischi di estinzione), non sarebbe neanche male, ma è un pensiero del tutto in libertà, tenere presente che -nonostante l’invasività molesta per non dire altro dello strumento e il suo uso pedestre- gli interlocutori si dovrebbe continuare comunque a sceglierli e/o ad accettarli oppure no, senza sentirsi in obbligo, nemmeno per educazione che in ogni caso altri non conosce o disdegna, di rispondere o interloquire con chiunque e in qualsiasi occasione.
Indipendentemente dal particolare (eticamente irrilevante e, a ben vedere, anche politicamente) si tratti di un grande o di un piccolo.