HomeDe Litteris Et ArtibusDE LITTERIS ET ARTIBUS – Avere cura della mente, la meditazione buddista

DE LITTERIS ET ARTIBUS – Avere cura della mente, la meditazione buddista

In un articolo precedente, abbiamo trattato di meditazione buddista, apprendendo come essa sia, innanzitutto, un prenderci cura della mente.

E’ questo che facciamo quando sediamo in meditazione.

Nel silenzio, e con cura, dopo aver assunto una postura corretta, comoda, ma composta iniziamo a ripulire la mente: dai pensieri, dalle abitudini, dal frastuono interiore.

I pensieri scorrono sempre più lievi.

Intanto ci raccogliamo in uno stato di vastità e pace.

Esistono differenti tecniche per svolgere questo lavoro di cura: assorbirci nell’ascolto del respiro, unificando la mente e rendendola limpida e vasta.

O concentrarci su stati mentali salutari -come la gentilezza, la benevolenza, la fede, la devozione, la gratitudine- scegliendone uno in particolare ed espandendolo al nostro interno.

Oppure, ancora, possiamo assorbirci nel ricordo mentale di un’immagine sacra.

Sono un ampio repertorio di stati mentali salutari e le principali tecniche suggerite dal Buddha.

 

Possiamo dimorare a lungo in tali assorbimenti.

La mente si pacifica.

Le nubi si dissipano.

Sorge uno stato di gioia e pace.

 

Rialzandovi dal cuscino di meditazione, sentirete che il vostro sguardo, e il vostro cuore, sono cambiati.

Accade come quando, dopo un’intensa attività fisica e una forte sensazione di sete, assumete una bevanda fresca.

Poi percepite immediatamente come il corpo ne venga rigenerato in profondità.

Ugualmente, con la meditazione e con la mente. Non saltate mai questo importante appuntamento!

 

Gioia e pace.

Con il progredire della pratica, durante la meditazione apparirà sempre più spesso un segno (detto nimitta, in lingua pali) che si manifesterà come sensazione di gioia e felicità. Mostrerà che avete raggiunto la purezza della mente.

Il respiro vi parrà delizioso più di qualunque altra cosa.

O se vi siete concentrati su una qualità salutare come la gentilezza, essa pervaderà di squisitezza il vostro essere.

O se vi siete immersi nella contemplazione di un’immagine sacra, essa si trasformerà nella cosa più bella che abbiate mai visto.

Questa sensazione di rapimento ed estasi (gioia-felicità, detti piti-suka in lingua pali) sono il riflesso di una mente divenuta pura.

 

Ora che avete accudito la mente, ne gustate i frutti.

Quale sarà il passo successivo?

 

Avere cura.

Torniamo all’immagine che abbiamo usato precedentemente: quella del coltivare un giardino.

Una volta che avrete ripulito e reso bello il vostro orto, con un lavoro affettuoso e paziente, sarete attenti anche nel preservarlo.

Se avete della spazzatura da buttare, la riporrete nel cassonetto e non la spargerete incuranti sulle vostre rose.

Similmente con la mente.

Dedicandovi regolarmente alla meditazione, diventate più attenti nelle scelte.

Dopo una meditazione serale, per esempio, forse sorgerà spontaneo per voi non impiegarvi in occupazioni distratte (come girovagare senza interesse tra web, chat o social), scegliendo modi più in sintonia con ciò che questa stessa mente vi suggerisce.

Vi accorgerete che questo non implica fatica.

Al contrario, regala leggerezza, appropriatezza e gioia.

 

I Quattro retti sforzi.

Il Buddha, trattando di cura della mente, suggerì di applicare i Quattro retti sforzi. Essi sono:

– fermare gli stati mentali non sani, se sono sorti (per esempio rabbia, frenesia, dubbio, confusione, scoraggiamento; non lasciamo che la mente li coltivi e li amplifichi: non ci porterebbero a nulla di buono);

– prevenire il sorgere di tali stati mentali non sani, se non sono ancora sorti (cioè, evitiamo di esporci inutilmente a ciò che sappiamo essere nocivo o nocivo per noi);

– dedicarci a far nascere gli stati mentali sani (come quelli sopra elencati) se non sono ancora presenti;

– far crescere tali stati mentali sani, se già presenti.

 

I Quattro retti sforzi costituiscono il cuore dell’addestramento buddista, per la cura della mente.

Generalmente, potrete trovare di beneficio svolgere soprattutto il terzo e quarto (ovvero: dedicarvi a far nascere stati mentali sani, non ancora presenti; o far crescere tali stati mentali sani, se già presenti) durante l’esercizio formale della meditazione.

Mentre i primi due retti sforzi (ovvero: bloccare l’espandersi degli stati mentali non sani, se siano sorti; e prevenirne il nascere) costituiranno un impegno anche nei diversi momenti della giornata.

 

Aprire e chiudere.

Aprirsi al mondo e raccogliersi nella serenità della propria casa -e casa interiore- sono i due momenti -e movimenti- complementari.

L’uno presuppone l’altro.

L’uno si nutre dell’altro.

Così si esprime il monaco buddista vietnamita Thich Nhat Han, a questo proposito, con la sua innata capacità di usare immagini delicate e poetiche:

L’altra sera, di ritorno al mio eremo, avevo sbarrato porte e finestre per il vento impetuoso. Questa mattina la mia finestra è aperta; vedo il bosco, fresco e verde. Splende il sole. Un uccello canta melodiosamente […] Smetto un momento di scrivere, guardo gli alberi che coprono la collina. […] Non è sempre necessario chiudere le porte dei sensi per essere concentrati. Spesso per i principianti è utile chiudere le finestre degli occhi e delle orecchie, per concentrarsi sul respiro o su un altro oggetto ancora più facile, ma è possibile rimanere concentrati anche con le finestre spalancate… (da Il sole, il mio cuore, Thich Nhat Hanh).

Così, dopo esserci presi cura della mente, raccogliendoci, potremo portarla nuovamente all’esterno, aprendoci al mondo, affinché essa illumini la nostra vita pratica, emotiva, affettiva, intellettiva e spirituale.

 

Elena Greggia

 

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