EDITORIALE – Lodare i tempi passati
E’ noto come lodare i tempi passati sia un esercizio quantomeno ambiguo e comunque generazionale se già se ne interessò Orazio a proposito delle persone anziane del suo tempo che, incapaci di comprendere il (loro) presente, tendevano a rivivere i (propri) anni trascorsi. Oggi come ieri è una memoria la quale, di norma, non porta valore, ma recriminazione.
E quindi di nessun aiuto, come invece dovrebbe, ai giovani.
Il concetto fu di fatto attualizzato -nella consueta pragmaticità anglosassone- dalla signora Kimball che nel suo libro Memorie di una maîtresse americana attribuisce empiricamente ai tempi passati in ogni caso il culo più roseo.
Questo sia detto a scanso di equivoci e per non passare come un (fra i tanti) laudator temporis acti: costoro dovrebbero forse meglio considerare, en passant, cosa siano -ora e rispetto al passato (neanche tanto remoto)- la medicina o l’alimentazione o l’igiene. Solo sfogliare, ad esempio, la Storia sociale degli odori rende l’idea.
Ogni generazione quindi tenendosi, come è giusto, i rispettivi pro e contra, non possiamo tuttavia astenerci dal considerare con profonda vergogna che si sia dovuto dare i carabinieri di scorta a una signora di 89 anni reduce dall’Olocausto e testimone ancora vivente di un lungo periodo di dissoluzione e di bando delle coscienze (con le anche numerose eccezioni che hanno tenuto acceso un lume nel buio più fitto).
La vergogna è, fra l’altro, che la decisione del Prefetto milanese sia stata indotta da comportamenti devianti e criminali di persone che figurano come cittadini di questa nostra Repubblica.
Ai quali si aggiungono irresponsabili distinguo da parte di politici che, al di là dei colori dei rispettivi gagliardetti, avrebbero il dovere civico oltre che morale di comunque presidiare chiare posizioni di comuni forme di civiltà (minima).
Situazione aggravata poi dall’ipocrisia ricorrente che fa esclamare, per contingente convenienza politica, parole di attestazione del tutto formali e palesemente prive di valore alcuno.
L’antisemitismo è di per sé ideologia aberrante e registra come il genere dei bipedi continui per troppi -con buona pace di Darwin- a rimanere più prossimo alla bestia (in senso filosofico: magari si trattasse unicamente degli scimmioni) e non evolva neanche per sbaglio o casualità verso l’umano.