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L’EDITORIALE – Buone vacanze

Cari lettori (è maschile indefinito e comprende le gentili lettrici che, nella mia immaginazione, assomigliano alla signora ritratta di spalle dal Faruffini -per l’appunto il quadro a olio si intitola La lettrice– in poltrona con il libro in mano davanti a un tavolino con altri libri un po’ in disordine), affezionati o meno, costanti o casuali della nostra Dialogando ecco che siamo giunti, ancora una volta, sul limitare della pausa estiva e la Redazione desidera fare giungere a ciascuno voti augurali di buone e tranquille vacanze, quali esse siano.

Qualcuno, di solida memoria, ricorderà come un tempo si usasse distinguere fra vacanze intelligenti di matrice radical chic e no, sottolineandone la abissale differenza di contenuto a favore delle prime, e come ci fosse però anche chi (Enzo Biagi, per esempio) tranquillizzasse con bonaria autorevolezza i numerosi preoccupati in dubbio davanti alla angosciante scelta spezzando risolutamente una lancia a favore delle seconde e dichiarando con emiliano umorismo di preferire (parole sue) le vacanze cretine.

Così che quanti ne seguivano, tranquillizzati e grati, l’ispirazione si dedicavano, per dire, all’otium sotto un fresco pergolato di gioco delle bocce piuttosto che andare a cuocersi in coda sudata nel sole per visitare la mostra à la page o il pur ben tenuto rudere architettonico.

Oggi, messa oramai agli atti -tutto passa- quella quasi metafisica scelta alla moda, ci si trova davanti un ventaglio molto ampio di possibilità a cominciare dai viaggi in Paesi lontani e lontanissimi i cui lineamenti un tempo erano tali da sfumare nel sogno.

E qualcuno si è altresì reso conto, talvolta perfino con un certo stupore, che la vacanza non è poi necessariamente simile più o meno a un altro lavoro od occupazione (e soggiacente a consimili procedure), ma -come la terminologia stessa suggerisce- è soprattutto pausa per il corpo e, in ispecie, per la mente stanca e oppressa dall’incessante rumore di fondo della vita o, che è lo stesso, dal logorio della vita moderna, secondo una fortunata pubblicità del Carosello a favore di un noto aperitivo.

Viviamo in tempi di grandi e preoccupanti rivolgimenti atmosferici onde ormai all’oscurarsi del cielo mentre prima si attendeva fiduciosi un rinfrescante temporale (il caldo c’è sempre stato, e come, ma non la conoscenza del riscaldamento globale che ne cambia almeno in parte la prospettiva e lo rende maggiormente nemico) ora si teme, e ben a ragione, un disastro: né il primo né l’ultimo.

Anche se il fenomeno tragico del riscaldamento globale non dipende neanche più tanto dai comportamenti dei singoli  -i quali possono essere bensì virtuosi di loro. ma sfortunatamente a limitato effetto- sibbene dai decisori politici e, per di più, a livello sovra-nazionale considerato che l’inquinamento, a esempio dell’aria, non rispetta quasi mai i confini geografici nemmeno se gelosamente protetti: per rimanere terra terra, come si usa dire, basti pensare che gli automezzi pesantemente inquinanti di cui l’Italia si disfa nella sua transizione verde non vengono demoliti e recuperati per quanti materiali siano recuperabili, ma venduti fuori porta e così continuano la loro opera nell’Est o in Africa con ancora minore manutenzione e maggiori risultati negativi.

Sono quindi, in conseguenza delle effettive mattane del tempo, venuti sempre più in auge avanzati sistemi di previsione atmosferica i quali contano, peraltro, su sofisticate apparecchiature di raccolta (a cominciare dai satelliti insonni) ed elaborazione di molteplici dati che contribuiscono a renderla più attendibile per cui si giunge fin a programmare il da farsi in fiducia delle loro articolate prospettive di meteo-scenario.

Precedentemente i cittadini, comunque ansiosi circa il futuro, si immergevano ne ‘Il tempo in Italia’ della RAI affidandosi alle cartine sulle quali il mitico Colonnello Bernacca mostrava segni riferibili ad altissime e misteriose quote.

Ma sempre adelante con juicio (possibilmente): non sempre ci indovinano neppure oggi e così, per rimanere in tema, questi nostri auguri di buone vacanze siano accompagnati da un sorriso che nasce da una storia vera.

Agli albori del turismo di massa, quando i vacanzieri nella Liguria di Ponente erano in preponderanza tedeschi e olandesi, operava sulla spiaggia di un albergo in riva al mare (a Diano Marina, al tempo ancora un bel paesino) un solerte ed efficiente bagnino di nome Pippo (Giuseppe B., da Conselice, provincia di Ravenna).

A parte il fatto che quegli manteneva in ordine spiaggia, ombrelloni e chaise longues come solo un contadino romagnolo, quale esso era, sa curare un orto o un frutteto, il detto signore -sempre in maglia a righe e pantaloni azzurri arrotolati al ginocchio per mettere almeno i piedi simili a nodose radici nell’acqua della battigia (non sapeva infatti nuotare) e sotto a un largo e rotondo cappello di paglia da mietitura- era ricercato dai villeggianti, in particolare dai germani, anche per le sue note capacità di prevedere il tempo.

A domanda (in tedesco) guardava egli il cielo e le nuvole, con il dito umido (se lo passava infatti rapidamente in bocca) verificava la direzione della brezza, con nari da bracco fiutava la salsedine e, antesignano del dottor Kissinger nel dialogo fra lingue diverse, rispondeva (in romagnolo): ciò, s’un piov e fa bell (se non piove, fa bello).

Allo stesso tempo sintetizzando l’inconsapevole, ma vero distillato stoico di generazioni di contadini per tutta la loro vita sempre alle prese con il tempo.

Pensate quello che volete, ma i suoi interlocutori lo capivano benissimo (Prima, prima rispondevano sorridenti) e oltre a tutto quasi sempre lui ci prendeva onde non passava giorno che qualcuno d’Oltralpe non gli ponesse di nuovo la speranzosa domanda per l’indomani.

Grazie ancora per leggerci e buone, buonissime vacanze!

E a rivederci dunque, Deo volente, e a risentirci in settembre!

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