L’EDITORIALE – Incidenti sul lavoro
A fronte del procedere di anche plurimi incidenti mortali sul lavoro ora è previsto un provvedimento costituito dalla “patente a crediti” per i soggetti che operano nei cantieri edili: dovrebbe partire dal primo ottobre 2024, rilasciata dall’Ispettorato nazionale del lavoro, e funzionerà con un punteggio iniziale di 30 crediti dai quali in caso di incidente mortale saranno tolti 20 crediti, 15 se l’infortunio causa inabilità permanente al lavoro e 10 se l’inabilità temporanea causa astensione dal lavoro per più di quaranta giorni tenendo in ogni caso conto che non sarà possibile per le imprese o per gli autonomi lavorare con meno di 15 crediti.
Le nuove norme per la sicurezza, inserite nel decreto del 30 aprile scorso, prevedono inoltre multe se la manodopera non è in regola, di nuovo sanzioni penali (tolte nel 2016) a fronte di somministrazione illecita di manodopera sotto copertura fasulla, distacco e appalto di servizi irregolari. Inoltre, per il personale impiegato negli appalti e nei subappalti c’è l’obbligo di corrispondere un salario non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale applicato nel settore.
E’ un film in buona parte (esclusa la ‘patente’) già visto nel volgere degli anni e caratterizzato da una colonna sonora poco o per nulla sincrona con le scene rappresentate, in bianco e nero e apparentemente d’archivio se non fosse che disgraziatamente continuano ad accadere, e il loro svolgimento.
I commenti dei protagonisti politici pro tempore, necessari perché diversamente un consapevole e pudico riserbo diventerebbe assordante silenzio, sono risucchiati dal vortice sempre uguale in cui le parole, a furia di girare in fretta, finiscono per non avere più significato.
E così ogni novello accadimento, in una al cordoglio, è qualificato (e ci mancherebbe altro) sconvolgente e inaccettabile, necessita si faccia piena luce onde consegua senza ritardo un impegno comune, il modello operativo basato sul massimo ribasso va cambiato, la sicurezza sul lavoro è una assoluta priorità etc.
Oltre alla retorica emozionale del momento, in ogni caso comprensibile sebbene logora (nello scorso anno sono stati oltre il migliaio i morti sul lavoro), i fatti avvengono per cause indipendenti dalla loro accettabilità e fare piena luce significa individuarne le dinamiche (chi, come, dove e perché), cosa che la giustizia realizza in tempi molto allungati e termina di fare luce quando di norma nessuno si ricorda più nulla essendo nel frattempo accaduto ancora altro. Anche a livello di pubblica opinione, per quello che serve, difficilmente si realizzano progressi nella generica e superficiale coscienza del quasi inevitabile (lavorare è pericoloso), finché capita agli altri, perché i media, attentissimi a dedicare fiumi di parole nel momento del disastro, non sono poi più interessati a comunicare il seguito se non, ammesso che se ne ricordino, con uno striminzito trafiletto.
Inoltre, il far piena luce non riporta certo in vita le vittime, ma è solo strumentalmente utile, se e in quanto realizzato veramente, per cambiare, o indurre a far cambiare, condotte a rischio.
Il tema non è nuovo e, con vari attorcigliamenti, risale nei decenni trascorsi per finire (quasi) sempre sul medesimo e già ben noto binario morto: imprenditoria disonesta e carenza di pubblici controlli.
Gli imprenditori disonesti ci sono sempre stati e forse, nel tempo, sono cambiate le percentuali in rapporto a quelli che non lo sono, così come il rapporto fra lavoro regolare e irregolare: la visione dell’economia di mercato, richiamata non sempre correttamente o a proposito dai suoi protagonisti o supposti tali, richiede uno spazio reale di libera attività competitiva (concorrenza) connotata da impegno quotidiano volto al miglior schema organizzativo senza truccare i dati a disposizione (essa consta, vale a dire, in realizzazione puntuale della migliore efficienza/efficacia stando però in regole pre-determinate uguali per tutti e, non ultimo, senza la leva distorsiva di corruzione, evasione previdenziale, assicurativa, fiscale etc) e sotto il controllo di un arbitro competente, attento oltre che neutro e pronto a intervenire.
Diversamente non è libera economia di mercato, ma pirateria in guanti gialli e sovente anche senza guanti.
Un tempo, si parla del millennio e del secolo scorso, diverse fonti mettevano a disposizione delle imprese operanti in appalto e, in particolare, delle stazioni appaltanti (per lo più pubbliche amministrazioni, ma anche privati) tabelle regolarmente aggiornate di costo del lavoro per categorie di prestatori di lavoro in rapporto ai rispettivi contratti collettivi.
Il vizietto di aggiudicare contratti con ribassi che solo un mago o un abile giocatore alle tre tavolette avrebbe potuto governare senza fallire (e anzi prosperavano), al pari di coloro che nei circhi fanno volare in cerchio numerose palle da tennis, era già ben radicato. Sulle pelle altrui.
Come del pari radicata l’insufficienza dei controlli da parte degli enti preposti, sia sui rapporti di lavoro in atto sia sull’operato delle stazioni appaltanti, nonostante istanze, lettere, allocuzioni, convegni, articoli, interviste etc. La motivazione più ricorrente, se mai risposta interveniva, era la carenza di personale addetto.
Ora scrivono che mancherebbero, allo stato, un migliaio circa di ispettori.
Vedremo il seguito.
Vedremo perché, nel nostro Paese, usualmente non mancano le norme, anzi abbondano, ma è carente la loro applicazione e quindi stamparne di nuove prima di accertare se l’incidente è avvenuto per lacuna legislativa o disapplicazione del pertinente disposto non è detto sia la miglior risposta all’emergenza: certo è quella che, nell’immediato, fa più scena: lassù qualcuno si è mosso.
Il ministero della Giustizia ha recentemente (11 aprile) dato notizia di avere individuato, d’intesa con il ministero del Lavoro, una specifica Commissione con l’obiettivo della prevenzione contro gli infortuni sul lavoro cui è affidato l’incarico di analizzare l’attuale quadro normativo e giurisprudenziale, verificarne limiti, criticità e prospettive per poi formulare proposte di intervento.
A parte i non esaltanti risultati, nella storia della Repubblica, conseguiti dalle commissioni in genere, vedremo questa.
Pare che, a esempio, per la prossima patente a punti, sia prevista (né potrebbe essere diverso) l’autocertificazione dei requisiti, con revoca in caso di dichiarazione mendace e che tra le condizioni per il rilascio, ci sia anche l’avvenuta designazione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), obbligatoria da anni per il vigente, sempre da anni, decreto legislativo n. 81 del 2008 il quale è la fondamentale legge speciale nazionale sulla sicurezza.
Nel frattempo, oltre a nuove norme, nuovi custodi delle nuove norme e, forse, nuovi controllori dei nuovi custodi, confidiamo che ri-germogli anche un po’ di coscienza civile fra chi di dovere.