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L’EDITORIALE – Informarsi

Informarsi di quanto capita nel mondo è certo utile per rimanere aggiornati e poi, anche, si impara molto.

Alcuni giorni fa un autorevole quotidiano intitolava in prima pagina: “Meloni da Biden, l’intesa su Gaza: Sì ai due Stati”, ma inutilmente il lettore avrebbe cercato (nel lungo articolo interno) maggiori dettagli salvo un riferimento a quanto detto dalla Signora sul lavorare insieme su passi concreti per garantire la soluzione dei due Stati, l’unica soluzione sostenibile nel lungo periodo. 

In effetti la soluzione dei due Stati è ora sulla bocca di tutti, e anche nella penna del titolista, tranne (è un dettaglio) che di due, Israele e Hamas, il cui scopo formalmente dichiarato, al quale peraltro entrambi lavorano indefessamente (e, loro sì, in concretezza), è la reciproca distruzione. 

La soluzione dei due Stati distinti ha la coda lunga e risale al tempo della Società delle Nazioni (periodo 1929-1939, avvento di Hitler e leggi di Norimberga del 1935; ma anche prima gli ebrei erano stati costretti a emigrare dalla Russia zarista a causa dei pogrom, nel 1881-1882 e nel 1903-1906) e le prime proposte in argomento furono rifiutate da ambo le parti. 

Nel 1947 UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine) propose di dividere la Palestina occidentale (quella orientale aveva già formato il Regno Hascemita di Giordania) in due Stati di simile estensione e il piano fu approvato dall’ONU (Risoluzione 181), ma osteggiato dagli arabo-palestinesi e dagli oltranzisti ebrei (al tempo però in minoranza) e comunque nel maggio 1948, al ritiro delle truppe britanniche e alla dichiarazione di indipendenza dello Stato d’Israele seguì, nello stesso giorno, la premeditata aggressione mossa da Siria, Egitto, Iraq e Giordania debellata poi da Israele e conclusa con armistizi.

Qui la Storia si è, tuttavia, fermata. E per molto tempo.

Così come sono rimasti fermi e stabili il generalizzato ipocrita cinismo e la malafede dei numerosi ‘fratelli’, compagni, amici e alleati poiché, invero, la soluzione sarebbe (è) unicamente in mani diverse da quelle dei due protagonisti in tutto simili a quei serpenti che con tenacia si ingoiano reciprocamente in cerchio sempre più stretto.

Da un lato essa è nelle mani di Paesi che per interessi di bassa politica internazionale finanziano, armano e mantengono attiva la potenza militare di Hamas, ospitandone e proteggendone i capi politici e mandando in guerra gli altri, oltre a tenere aperto lo scenario indegnamente osceno dei profughi e della popolazione civile palestinese usati come ostaggi e scudi umani. E come motivo di insonne instabilità.

Uno di questi capi politici, recentemente intervistato in sito sicuro, ebbe a dare un giudizio favorevole circa le gravi perdite fra i civili della Striscia e ad affermare (una tantum dicendo il vero) che moltitudini di morti fra donne e bambini servivano alla causa.

E, dall’altro, è nelle mani di sponsor e alleati del popolo israeliano che dovrebbero riuscire a imporre un governo equilibrato e lungimirante e non irresponsabilmente oltranzista. 

Hamas è anzitutto un’idea e non si può sradicarla, in particolare in siffatte condizioni di luogo e di tempo incancrenite da troppi lustri di odio. morte e idolatria (Israele dopo il Mar Rosso fu condotto da Dio a vagare quaranta anni nel deserto allo scopo di dimenticare l’Egitto e gli idoli: esercizio neanche poi del tutto riuscito), ma disarmarla sì.

Analogo ragionamento vale per Israele che è anzitutto un’idea la quale deve poter vivere e continuare a vivere e in pace concretamente nella realtà, ma non in persona di ultra-fanatici che ritengono di essere o si illudono di ritornare ai tempi di Davide e di Salomone i quali, peraltro, anche nel periodo della maggior loro potenza, pur convivevano con le città-stato filistee della costa che non mai vennero conquistate. 

E anzi fu proprio il re fenicio Chiram di Tiro a fornire a Salomone sia il molto e prezioso legname di cedro per costruire il tempio e la reggia in Gerusalemme sia, in seguito, gli abili equipaggi autoctoni per le regie spedizioni navali dal Mar Rosso all’Oceano Indiano.

Se il ‘non-dialogo’, con le sue devastanti e assurde conseguenze, rimane in ogni caso fra fanatici e sordi, toccherebbe (tocca) a chi è terzo, quindi né fanatico né sordo, intervenire e anche l’ONU sarebbe (è), tra l’altro, lì per questo, ma -sfortunatamente per coloro di buona volontà- non in misura diversa da quella già inefficace della Società delle Nazioni.

Perché un conto sono le istituzioni, anche quelle dotate delle migliori vocazioni, e un altro sono gli uomini che le compongono e le governano: e costoro sono sempre i medesimi lemuri e gnomi, quando non mere ombre, replicanti sé stessi nel tempo e, a dispetto di Darwin, senza evoluzione né progresso.

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