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L’EDITORIALE – Sanità nazionale

Al Festival delle Regioni e Province Autonome di Torino la presidente del Consiglio ha fatto alcune considerazioni sulla sanità nazionale le cui disastrate condizioni sono, e non da oggi, sotto gli occhi di tutti.

Un brevissimo e incompleto florilegio di proposizioni, raccolte da quanto riportato dalla stampa, dimostra un notevole equilibrio nella navigazione fra gli scogli, vale a dire fra opposti.

Equilibrio, tuttavia, più formale che sostanziale e se ne comprendono agevolmente i motivi politici.

La sanità è una priorità; il governo intende garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini; è aperto a qualsiasi tavolo di confronto per individuare le migliori modalità atte a raggiungere l’obiettivo; costruire un SSN efficiente ed efficace è obiettivo di tutti (presidenti delle Regioni, delle Province autonome, del Governo e di ciascuno); nella Manovra ci saranno interventi per il personale medico-sanitario e per normalizzare le liste di attesa etc.

Tutto chiaro e condivisibile, andiamo avanti.

Ma se la condizione deve comunque essere, perché non può non essere così, anche la sostenibilità del Sistema sanitario ecco che ogni azione deve realizzarsi tenendo conto di contesto complesso, in cui coesistono componenti critici tali da rendere spinosa la materia sulla quale lavorare: progressivo aumento della popolazione, ma allo stesso tempo riduzione della popolazione attiva, aumento delle patologie collegate all’invecchiamento e di malattie croniche invalidanti, l’avvento di tecnologie mediche sempre più avanzate e allo stesso tempo però più costose così come i farmaci di nuova generazione.

E qui siamo arrivati al punto di questo tema come, peraltro, di ogni altro in ordine pratico e cioè quando dalle declaratorie si dovrebbe passare ai fatti: sono le risorse necessarie a realizzare quanto detto, vale a dire i soldi.

Perché con la sola forza del pensiero le cose non si fanno da nessuna parte e sotto nessun cielo, ma solo si possono immaginare.

Quindi la situazione –continua la presidente-, che è complessa, va gestita con attenzione e capacità di coesione e dato che sarebbe miope concentrare la discussione sull’aumento o meno delle risorse è necessario avere un approccio diverso e più profondo e provare a confrontarci tutti con coraggio, lealtà e verità anche su come quelle risorse vengono spese.

E qui siamo arrivati neanche sul banco di sabbia, ma alla spiaggia perché tutto dipende dalla (ingenua) domanda di sempre: con quali soldi?

La presidente ammette che i margini di manovra sono limitati e sottolinea, cosa che a ogni giro di governo dicono comunque tutti, come l’eredità pesante e impossibile da accettare con beneficio d’inventario sia ascrivibile alla responsabilità dei precedenti esecutivi: obiettivamente vero.

Nel decennio 2010-2019 il finanziamento pubblico del SSN è aumentato complessivamente di 8,8 miliardi, crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari a 1,07%, per cui l’incremento nell’ultimo decennio non è stato in grado di mantenere neanche il potere di acquisto.

Inoltre anche negli anni a seguire il rapporto spesa sanitaria/PIL è stato volto a riduzione.

Secondo un articolo di Panorama di tre anni or sono, il governo di Monti promise € 8 miliardi alla sanità, ma non li erogò, con Letta ne sparirono € 8,5, Renzi non erogò € 6,6 miliardi che pur erano stati previsti, Gentiloni non ne erogò € 3,3 e Conte collaborò con meno € 0,6 miliardi.

In conclusione, in un decennio sparirono € 37 miliardi.

Per arrivare a oggi, la fondazione Gimbe ha recentemente analizzato la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NaDEF) evidenziando grosse criticità nel settore della sanità pubblica.

E sebbene nel documento sia scritto che “la Legge di Bilancio 2024 prevederà, per il triennio 2024-2026, stanziamenti da destinare al personale del sistema sanitario” e il governo abbia promesso l’approvazione di due leggi (una sulla riorganizzazione e il potenziamento dell’assistenza territoriale e l’altra sul riordino delle professioni sanitarie e degli enti vigilati dal Ministero della Salute) a parere della Fondazione i numeri della NaDEF 2023 certificano che, in linea con i governi degli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta affatto una priorità politica neppure per l’attuale esecutivo.

In effetti, sempre secondo quanto dichiarato dalla Fondazione, è del tutto evidente che l’irrisorio aumento della spesa sanitaria di € 4.238 milioni (+1,1%) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo.

Quindi tutto è obiettivamente vero e nel senso peggiore, nonostante le contorsioni, anche per il governo in carica.

E quindi, dato lo scenario paludoso in cui anche l’attuale esecutivo si muove, l’osservazione della presidente per cui non basta necessariamente spendere di più per risolvere i problemi se poi quelle risorse venissero utilizzate in modo inefficiente, di per sé e in linea generale di buon senso, suona di maniera e incrinata ancor prima di pronunciarla.

E tale da raffreddare ogni speranza eventualmente suscitata dalle copiose conferme: è un impegno che ci siamo presi in prima persona e che voglio ribadire.

Bisogna lavorare passo dopo passo.

Il vantaggio che abbiamo è un orizzonte di legislatura. In quell’orizzonte si possono cadenzare gli interventi: non si può fare tutto subito ma si può fare una strategia e lavorare insieme su quella strategia. Perché le priorità sono molte ma le risorse sono poche.

I milanesi, quei pochi rimasti nella città ora divenuta metropolitana e indefettibilmente protesa verso l’Europa, ricordano che a suo tempo (e ben prima della Milano da bere, oltre che da dimenticare) era noto un felice detto che in via poetica, ma inequivoca sanciva (e continua a sancire) la contraddizione insita in dichiarazioni (o azioni) opposte, tipiche dell’ambiguità umana cui attinge a piene mani anche la politica:
L’è on/ona taja e medéga.

 

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