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DE LITTERIS ET ARTIBUS – il Cinema ritrovato – Les choses de la vie (L’amante), Claude Sautet (1970)

Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).
Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.

Con il titolo de ‘Il Cinema ritrovato’, pubblichiamo alcune pennellate sulla scuola francese (storicamente sorta con gli inventori Lumière) a cura di un cinèfilo che la conosce sia nella cultura generale sia nei suoi protagonisti.

Les choses de la vie (L’amante), Claude Sautet (1970)

Pierre (Michel Piccoli) maturo industriale, anche se convive da lungo tempo con la giovane Hèlène (Romy Schneider), è legato sempre da amicizia e affetto alla moglie Catherine (Lea Massari) e al figlio.

Per ragioni di lavoro egli ha già predisposto un viaggio a Tunisi con Hèlène: ma un incontro con il figlio, con il quale ha rari contatti, lo induce a promettergli di passare le vacanze insieme nella loro villa al mare.

Il conseguente rinvio del viaggio a Tunisi irrita Hèlène che, sembrandole vedere nell’atteggiamento di Pierre un accenno di distacco, ha un litigio con l’amante.

Durante il lungo viaggio in automobile verso Rennes per affari, Pierre, ripensando a Hèlène, cerca di scoprire la ragione del suo comportamento: rivive così, confusamente, i tempi belli della sua vita familiare e quelli con Hèlène e decide di scrivere una lettera di addio all’amante.

Ma, per un improvviso grave incidente automobilistico, Pierre viene trasportato all’ospedale dove muore.

Sul suo corpo viene trovata quella lettera di addio che viene consegnata alla moglie Catherine.

Costei, dopo averla letta, preferisce distruggerla per evitare a Hèlène un ulteriore grande dolore.

Un incidente stradale, un’auto in fiamme, un uomo tra la vita e la morte, una lettera d’addio da recapitare che all’ultimo momento non verrà spedita.

Claude Sautet mette ancora una volta al centro della scena un triangolo amoroso: un uomo comune, professionalmente realizzato, fatica a districarsi fra le emozioni di un amore presente, che comincia a sbiadire o forse pesare e impaurire, e un sentimento nostalgico per un passato familiare che ancora lo attrae e richiama e forse lo tranquillizza.

Sautet guarda con pudore un uomo che muore, violando la sua ultima sequenza di vita; passato e presente si fondono in un continuo gioco di rimandi, lasciando fuori campo un futuro ormai non più percorribile, facendo emergere il valore e l’importanza delle piccole cose.

Le sue ultime volontà (la distruzione della lettera) verranno inconsapevolmente prese in carico dalla magnanima Catherine che sceglierà di edulcorare il dolore di Hélène.

Piccoli offre qui una delle sue prove migliori, lavorando in sottrazione e scavando negli abissi interiori di un uomo che, come spesso succede nel cinema francese, risulta egoista e recalcitrante a impegnare nel rapporto tutto se stesso, desideroso di evitare sentieri sentimentalmente e affettivamente gravosi e (forse) forieri di dolore.

E’ impossibile non sciogliersi dinanzi alla radiosa e sconvolgente bellezza di Romy Schneider, la principessa triste che con il suo sguardo malinconico illumina e ipnotizza la scena, elettrizzando i nostri sensi nel semplice gesto di mordicchiare una mela o, ancora, quando cinta da un asciugamano di spugna si lascia scrutare di spalle da un estasiato Piccoli e da noi (ancora più estasiati di lui).

Non possiamo né vogliamo infine sorvolare, ma rimarcare la magnetica e risolutiva presenza di Lea Massari, moglie tenace paziente volitiva, di una bellezza apparentemente glaciale e invece colma di comprensione.

Discutibile il titolo scelto dal distributore italiano (L’amante) rispetto al titolo originale (Les choses de la vie) che propriamente delinea il senso della storia narrata.

Claude Sautet avrebbe ora 99 anni (nasce il 23 febbraio 1924 e muore il 22 luglio 2000) e nel suo carnè non moltissimi film, 13 in tutto, più parecchie sceneggiature per altri (ricordiamo “Borsalino” per tutte).

Autore di un cinema intimista e raffinato, indagatore, al tempo leggero e profondo, dei meccanismi e degli intrecci del cuore al cospetto del desiderio e dell’amore.

Suoi gli indimenticabili “Un cuore in inverno” (1992, Venezia Leone d’argento – premio speciale alla regia) e “Nelly e Mr. Arnaud” (1996, Premio Cesare miglior regista).

Antonello Nessi

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